10 marzo

Concitazione, urla, insulti pesanti richiamano la nostra attenzione mentre stiamo lavorando sottocoperta. Faccio capolino dal tambucio per capire cosa succede. Un grosso catamarano battente bandiera greca sta ormeggiando. Non c’é vento, le condizioni sarebbero ideali per un attracco silenzioso ed esemplare. Invece no. Lo skipper francese al timone, uno smilzo sulla cinquantina con codino e barbetta, sta sbraitando contro il giovane mozzo che a prua sta (invero un po’ goffamente) tentando di assicurare il cavo del corpo morto (blocco di calcestruzzo sul fondale) alla bitta. Solo che - complice l’agitazione e l’inesperienza - ha masso in tensione la parte di cavo che va al pontile, anziché dar volta a quella che é collegata al corpo morto, al centro del canale. Ovviamente, più lo skipper inveisce contro di lui, più lui si impanica e si paralizza. Oltretutto, a fine manovra, il cavo deve essersi impigliato nell’elica del motore. Il povero mozzo ansimante viene bruscamente inviato sott’acqua in costume da bagno per verificare il danno.
Fortunatamente nulla di grave, ma la scena é emblematica di come uno skipper non debba comportarsi in porto, soprattutto con un equipaggio inesperto. Inveire e urlare é assolutamente controproducente e si ritorce contro l’immagine del “capitano”. Lo dimostrano inequivocabilmente gli  evidenti cenni di disapprovazione di quanti, attirati dal deplorevole evento - si sono avvicinati sul molo.

 

Romano