27 agosto

Con il noleggio di un’auto diamo il via alla ricognizione di questa nuova isola. Non prima di esserci annunciati all’immigrazione, aver cambiato un po’ di dollari americani in dollari neozelandesi (ad un cambio da strozzinaggio), esserci iscritti quali membri dello Yacht Club di Niue che con le sue sole 15 boe si autodefinisce “il più grande piccolo Yacht Club del mondo” “The Biggest Little Yacht Club in the World”, ed aver passato tre ore e mezza a navigare ... in internet visto che per caricare ciascuna foto sul sito ci vogliono in media un paio di minuti. La nostra duratura presenza allo Yacht Club ha però avuto i suoi lati positivi : abbiamo conosciuto gli equipaggi di altre cinque barche, già viste in precedenza nel Pacifico ma mai avvicinate a portata di reciproca presentazione. Se alle Canarie, lo scorso anno le barche in partenza erano circa un migliaio, il drappello di chi é arrivato fin qui si é notevolmente sfoltito. Molti, trascorsa la bella stagione ai Caraibi, sono rientrati in Europa passando per le Azzorre. Alcuni hanno caricato la barca sulla nave e sono ritornati a casa in aereo. Altri hanno proseguito attraverso il canale di Panama, transitato il Pacifico e ora si fermeranno per un po’ in Polinesia. Infine, uno sparuto gruppetto di cui facciamo parte, persevera nella sua corsa verso ovest per trovare un riparo prima dell’inizio della stagione dei cicloni. C’é chi scenderà verso la Nuova Zelanda, chi invece - come noi - si rintanerà alle Fiji in qualche “hurricane hole” (baia a prova di uragano), chi ancora risalirà verso l’Equatore dove i cicloni non arrivano. Tutti indistintamente dovranno però osservare un periodo di pausa che va da novembre ad aprile in attesa che questi mostri della natura si plachino cedendo il passo ai venti costanti e regolari che ci servono da motore. In materia di uragani Niue, dove ci troviamo, vanta una serie di tragiche esperienze. L’ultima in ordine di tempo quella del mattino del 6 gennaio 2004 dove un vento a 295 km/h ha sollevato contro l’isola onde alte più di 50 metri che hanno letteralmente spazzato via edifici che si affacciavano sulla baia di Alofi ad un altezza di 25 sopra il livello del mare. Il bilancio del ciclone Heta di categoria 5 é stato pesante : 2 morti, 43 abitazioni distrutte, l’ospedale, il centro culturale, il museo nazionale e diverse strutture ricettive divelti. A seguito di questo uragano numerosi cittadini di Niue, avendo perso oltre ai loro beni anche il lavoro, hanno definitivamente abbandonato l’isola per trasferirsi in Nuova Zelanda. La costa ovest caratterizzata da numerose case diroccate sembra un po’ un villaggio fantasma. Oggi, a distanza di otto anni, non si può certo affermare che l’isola stia dando segnale di ripresa economica, anzi. Nonostante la gentilezza e la cordialità degli abitanti rimasti che tenacemente si sforzano di resistere alla tentazione di mollare tutto, i servizi sono pochi e nemmeno molto confortevoli, mentre i generi alimentari sono venduti a peso d’oro. Oggi, al supermercato, abbiamo trovato i pomodori a 2 dollari al pezzo, le mele a 2,50 al pezzo; un pacchetto di caffé da 250 gr a 18 dollari. Al bar una birra non costa meno di 5 dollari, la focaccia mangiata ieri 10 dollari. La maestra della scuola elementare ci ha confessato che visti i prezzi lei rinuncia giocoforza a mangiare frutta e verdura. L’esortazione a consumare meno carne e più vegetali emanata dal Ministero neozelandese della salute ed affissa un po’ in tutti gli edifici pubblici accanto alle 10 regole per smettere di fumare, suona un po’ come una beffa da queste parti dove per vivere convenientemente occorrerebbe il salario del Ministro.

Romano