Il diario di viaggio

5 maggio

Transitando attraverso lo stretto di Malacca che separa la Malesia dall’Indonesia fummo contattati dalla guardia costiera che ci chiedeva di segnalare la presenza di eventuali cadaveri galleggianti o oggetti sospetti. La scorsa estate, nelle acque dell’Egeo, fra Turchia e Grecia, abbiamo fornito alla guardia costiera Greca le coordinate di un gommone afflosciato che avevamo avvistato poco prima di scorgere una quindicina di disperati aggrappati ad uno scoglio che stavano per essere salvati dai soccorritori.

Transenne di filo spinato ed esercito alle frontiere; limitazione numerica dei profughi; rifiuto delle domande d’asilo; decisa selezione dei migranti alle dogane.
Così la Svizzera sembra volersi preparare alla paventata “ondata senza precedenti di migranti”.
Rimedi ispirati ad una irrazionale sensazione di minaccia che parrebbe generare il panico nelle nostre solitamente equilibrate e sagge autorità federali.
Rimedi che alimentano e cronicizzano ad oltranza l’emergenza del processo migratorio e che ignorano un dato incontrovertibile e strutturale : la società umana é liquida.
In altri termini, risulta materialmente impossibile arginare lo spostamento di milioni di esseri umani. Un tempo, i nostri antenati, quale alternativa a fame e povertà, hanno cercato fortuna altrove, in paesi che li hanno accolti senza costruire muri o srotolare filo spinato. Oggi, alla Confederazione Elvetica tocca il ruolo privilegiato di paese d’accoglienza. Il destino avrebbe potuto essere diverso.
La Svizzera che affonda la proprie radici nella multiculturalità e nel plurilinguismo ed é sede delle più importanti organizzazioni internazionali umanitarie, potrebbe cogliere ancora una volta nella storia l’opportunità di rappresentare un modello alternativo e lungimirante, cambiando approccio nel riconoscere la mobilità come diritto umano inalienabile, spogliando così il processo migratorio di buona parte della sofferenza che lo caratterizza.
La mobilità umana può e deve essere valorizzata come una risorsa, non come un gravoso onere aggiuntivo per i paesi di destinazione. Il pretesto della “sicurezza”, troppo spesso impropriamente invocato, cela in realtà egoismi e razzismi. Nel quadro odierno della mobilità globale si constata come le persone che sono costrette a migrare siano perlopiù vittime di guerre, di conflitti interni, di violenza. Sono profughi, richiedenti asilo, vittime di soprusi che hanno il diritto di essere protetti e - per quanto possibile - accompagnati verso prospettive di vita migliori che di riflesso possono rivelarsi proficue anche per i paesi d’accoglienza.
L’accoglienza, secondo modalità e tempi adeguati, dovrebbe quindi tradursi in un percorso di inclusione a partire dall’apprendimento della lingua, da un sostegno psicologico e sanitario volto ad attenuare le ferite visibili o invisibili provocate dagli orrori della guerra e della migrazione, dall’assimilazione della legalità, dei valori e dell’etica del paese d’accoglienza, dal diritto ad una abitazione dignitosa, dall’orientamento ed avviamento verso il lavoro, dalla partecipazione alla vita sociale e politica nel pieno esercizio dei diritti fondamentali.
Il tutto basato su forme di ingresso regolare e possibilità di regolarizzazione permanente in presenza di requisiti certi ed obiettivamente verificabili. Chissà che così facendo la Svizzera, fedele alle proprie tradizioni, non possa ancora una volta essere additata ad esempio di illuminata gestione di un fenomeno che altrove genera reazioni isteriche e minaccia le fondamenta stesse dell’Unione Europea.

 

Romano

 

2 maggio

Siamo “bloccati” ancora a Marina di Ragusa. Forte vento, pioggia e soprattutto i 6 metri di onda nel canale di Sicilia non invogliano nessuno a partire.
A Go Go é quasi pronta. Manca solo il certificato di bandiera (una specie di passaporto per la barca) che dovrebbe arrivare oggi o domani. Le batterie sono state sostituite, pannelli solari, eolico e segnavento (che sembrava non funzionassero) hanno iniziato a fare il loro lavoro. La barca é stata pulita a fondo, una specie di “pulizie di primavera”, e gli amici di Cautha hanno provveduto a “ozonizzarla”.
Gli altri equipaggi, anche loro ormai pronti a partire da diversi giorni, scalpitano. Tutti concentrati sulle previsioni meteo dei prossimi giorni in attesa di una piccola finestra che permetta finalmente di mollare gli ormeggi. Sarà la prima volta che viaggeremo in “convoglio”, la maggior parte delle barche é infatti decisa a raggiungere Malta che dista poche miglia da Marina di Ragusa. Sembra che nessuno se la senta di affrontare, dopo la pausa invernale, lunghe distanze; insomma dobbiamo verificare se non si é perso, durante la pausa invernale, il piede marinaio. Io so già che mi prenderò le mie efficaci pillole contro il mal di mare, inutile soffrire …
Luana

 

23 aprile


Con le provviste nello zaino Luana spalanca il tambucio per scendere sotto coperta. Un forte odore di zolfo le fa pensare che il WC di prua, dove abbiamo appena installato un serbatoio per le acque nere, non sia stato sciacquato a dovere. Si mette quindi ad azionare con vigore la pompa manuale finché non la raggiungo. Avverto subito un intenso odore di acido solforico. Spalanco il vano delle batterie. Il calore che sprigiona non mi dice nulla di buono. Ecco la conferma : le otto batterie dei servizi sono praticamente scoppiate. Dilatate, bucate, in ebollizione, rilasciano un liquido nauseabondo che non mi azzardo a toccare. Grido a Luana di staccare la presa di corrente e disinserisco subito il carica batterie, poi  apro quel che si può per far circolare aria. Ancora qualche ora e su A Go Go sarebbe probabilmente scoppiato un disastroso incendio. L’evento innesca una processione di vicini di barca in visita di solidarietà. Per togliere le batterie che si sono fuse fra loro, impieghiamo il piede di porco. Con cautela le sbarchiamo e le depositiamo sul pontile fra i mille interrogativi circa le cause del guasto, la seccatura della spesa imprevista e la consolazione che non sia successo di peggio.

Romano