Notizie varie
Ouzo, Pastis, Assenzio
L'ouzo (in greco: ούζο) è un distillato secco ad alta gradazione alcolica (40-50 gradi) prodotto a partire da una base costituita da mosto d'uva, sia fresca che passita e anice. Viene prodotto e consumato prevalentemente in Grecia e bevuto allungato con acqua, come dissetante e aperitivo.La preparazione dell'ouzo comincia con la pigiatura di uva fresca e uva passa. Durante la fermentazione vengono aggiunte al composto di base altre bacche ed erbe aromatiche. Il forte aroma che distingue l'ouzo proviene dalla presenza di anice, ma altri ingredienti comuni sono la liquirizia, il coriandolo, il chiodo di garofano, la radice di angelica, la menta, il finocchio, le nocciole, la cannella e i fiori di cedro.
L'alcol e i vari componenti vengono posti in distillatori di rame riscaldati; i tipi di ouzo di qualità superiore vengono fatti distillare più volte. La bevanda alcolica risultante viene quindi raffreddata e lasciata riposare per diversi mesi. Infine, viene diluita con l'acqua per arrivare a una gradazione alcolica intorno ai 40 gradi.
Il Pastis è un aperitivo alcolico profumato all'anice tipico della Francia (nasce nella città di Marsiglia), con un contenuto di alcol di solito intorno al 40-45%, anche se esistono versioni analcoliche della bevanda. Il suo nome viene dall'occitano pastís, che significa "pasticcio" o "miscela" in questa lingua.
Quando in Francia fu proibito l'assenzio nel 1916, i maggiori produttori (Pernod e Ricard, che poi si sono fusi nella Pernod Ricard) riformularono le loro ricette introducendo l'anice, aggiungendo zucchero e riducendo il contenuto di alcool. Da allora tuttavia la ricetta della bevanda è cambiata considerevolmente.
Il Pastis si beve di solito diluito con acqua (con un rapporto di 5 volumi di acqua per ognuno di Pastis), che ne diminuisce notevolmente il contenuto alcolico e, portando alcuni dei suoi componenti a essere insolubili, prevalentemente l'anetolo, ne cambia l'aspetto da giallo scuro limpido a giallo chiaro lattiginoso. La bevanda va consumata fredda, anche con ghiaccio, per rinfrescarsi nelle giornate calde.
Sebbene consumato in tutto il paese, il pastis è tipico della Francia sudorientale, specialmente a Marsiglia e in Provenza, dove è considerato, come la pétanque, parte dello stile di vita.
Data la vicinanza geografica è diffuso anche in alcune zone del Piemonte, in particolare in provincia di Cuneo, e nella Riviera ligure di ponente.Anche in Sicilia soprattutto nella zona di Agrigento in particolar modo a Ravanusa.
L'assenzio è un distillato ad alta gradazione alcolica all'aroma di anice derivato da erbe quali i fiori e le foglie dell'assenzio maggiore (Artemisia absinthium), dal quale prende il nome.
È classificato come distillato. I liquori invece sono, generalmente, una soluzione alcolica zuccherina a base di componenti vegetali.
L'assenzio fu inventato da un medico francese, Pierre Ordinaire, che in fuga dalla Rivoluzione francese si trasferì a Couvet (Svizzera) nel 1792. Tra le erbe officinali della zona, che i medici di campagna dell'epoca utilizzavano per preparare rimedi naturali, trovò l'assenzio maggiore, di cui conosceva l'uso nei tempi antichi. Sperimentando con questa pianta iniziò a produrre un forte distillato da circa 60°, contenente oltre all'assenzio molte altre erbe tra cui anice, issopo, dittamo, acoro e melissa. Il liquore di Ordinaire divenne un famoso toccasana a Couvet e assunse già il soprannome la Fée Verte (la Fata Verde). Si pensa che alla sua morte ne tramandò la ricetta segreta alle sorelle Henriod di Couvet, ma è possibile che in realtà le Henriod producessero il proprio assenzio già da prima di Ordinaire.
Nel corso del XIX secolo si diffusero in Francia e Svizzera molte distillerie di assenzio con vari marchi, ma il liquore divenne particolarmente noto alla fine del secolo, grazie alla fama che ebbe tra gli artisti e gli scrittori di Parigi. L'assenzio, consumato da molti artisti famosi con rituali elaborati e accessori stravaganti, divenne un'ispirazione dello stile di vita bohémien. La bevanda ebbe enorme successo in Europa, ma declinò nel giro di poco più di un decennio, a causa di vari fattori: il movimento contro l'alcolismo che si diffuse all'inizio del XX secolo, gli studi scientifici dell'epoca che individuarono la pericolosità del tujone contenuto, e le pressioni dei produttori di vino francesi che ne temevano la concorrenza
Fonte : Wikipedia
Fra marioli, birbanti, furfanti, truffatori e briganti
Una delle sensazioni più sgradevoli di questo viaggio - fortunatamente diluite fra le tante belle emozioni che ci ha regalato - é quella di sentirsi bersagliati dalle sanguisughe. In alcune zone del pianeta, più che in altre, abbiamo assistito al nostro arrivo ad una specie di frenesia pecuniaria. A Panama, in Colombia, alle Galapagos, in Indonesia - con un particolare picco a Flores e a Bali - alle Andamane, alle Maldive e ora qui, a Suez. L’arrivo di una barca a vela scatena una serie impressionante di appetiti che a volte si rivelano esasperanti. Se da un lato é abbastanza facile respingere seccanti offerte di beni e servizi, diversamente ne va per tutto quel che sia annovera fra tasse e costi più o meno ufficiali delle varie autorità. Dogane, polizia di immigrazione, autorità portuali, servizi di quarantena, guardacoste, marina militare, capitanerie di porto, in molti paesi sono accomunati in una sorta di vergognoso e frustrante magna magna che spoglia di qualunque onore e dignità l’essere umano, svelandone le sue più spregevoli caratteristiche. Ma non é tutto. Tassisti disonesti, cambisti imbroglioni, avidi venditori di articoli nautici e pezzi di ricambio, spregiudicati fornitori di carburante allungato con l’acqua, sedicenti ingegneri elettronici e meccanici che si sono rivelati dei semplici pasticcioni improvvisati con un cacciavite in mano, agenti golosi, mercanti bramosi, sarti scaltri, funzionari corrotti, compagnie telefoniche deliberatamente poco trasparenti e truffaldine, hanno in qualche modo cosparso un bel po’ di peperoncino sul nostro viaggio e alleggerito il nostro portamonete al punto che ora siamo un po’ stanchi e disgustati di dover sempre stare sulla difensiva, di dubitare sempre a priori dell’onestà e della buona fede di tutti. Suez non é il luogo più ideale per abbassare la guardia sotto questo profilo, anzi, forse rappresenta l’apice. Con nostalgia ripensiamo ai periodi trascorsi a Palmerston, alle Vanuatu, sulle isole della Papua Nuova Guinea come Heremit, dove - guardacaso - il denaro ancora non esiste. Appena rientrati in Mediterraneo ci metteremo alla ricerca di un’isoletta da sogno, dove si possa vivere a contatto con gente onesta, leale, di buona volontà, un luogo dove finalmente sia possibile smantellare con fiducia le barriere difensive e tessere rapporti umani semplici, cordiali, sinceri, aperti e generosi. Speriamo tanto non si tratti dell’isola che non c’é … non vorremmo dover amaramente concludere come qualcuno che diceva : “più conosco gli uomini, più amo gli animali”.
Romano
Navigazione lungo il Mar Rosso storia affascinante e antica
Si racconta di una regione dalla natura ricca di tesori favolosi : spezie, mirra, essenze e legni pregiati, oro e pietre preziose. Questa terra era la mitica Punt, da alcuni situata in un triangolo tra Port Sudan, il Golfo di Zula (oggi Eritrea) e il Nilo azzurro, da altri nella più lontana Somalia. Dei traffici tra l'impero egiziano e Punt si trovano tracce dal 2500 a.C., quando gli emissari dei faraoni commerciavano con le tribù nomadi dell'Hadramaut (regione a sud-est dell'odierno Yemen sul golfo di Aden), che detenevano il monopolio dell'incenso. La regina Hatsehepsut, come descrivono i bassorilievi di Amon Ra (oggi Deir-el-Pahri) vicino a Tebe, organizzò (XV sec. a.C.) una spedizione di cinque navi che discesero il Mar Rosso e tornarono ricche di doni pregiati. Immaginiamo queste barche, snelle ed eleganti, le stesse che usavano lungo il Nilo, costruite con legname pregiato proveniente dal Libano, con una grande vela quadra, filare sospinte dal vento di nord-ovest alla ricerca del prezioso incenso da bruciare sugli altari e della mirra usata per profumare le mummie. In seguito, scesero il Mar Rosso le navi di Re Salomone (900 a.C.), quelle della Regina di Saba, dei Fenici e poi dei Romani. Ai tempi dell'Imperatore Augusto, dal porto di Myos Hormos, odierna Quseir (Egitto), partivano per l'India stagionalmente 120 navi alla ricerca di spezie e legni pregiati. Così troviamo citata Berenice, scalo di flotte nel sud dell'Egitto e Zabargad con le sue miniere di olivina. Giunsero poi arabi e turchi.
(Blu Sudan, MariaCristina Pulliero, ed. Mare di Carta)
Più recentemente, fra il 16mo e il 19mo secolo, l'insenatura in cui ci troviamo, Khor Shin'ab, era uno degli ancoraggi preferiti dai portoghesi e dalle navi della marina britanniche. Sul Quoin Hill, una montagna che domina la baia, salivano gli osservatori per controllare e correggere l'elevazione dei cannoni di bordo. (Red Sea Pilot, E. Morgan & S. Davies, ed. Imray)
Jacques Cousteau Precontinent II
Era una mattina del giugno 1963, quando a Sha'ab Rumi arrivò la Calypso, la nave oceanografica di Cousteau, carica di attrezzature, tecnici, medici, biologi, scienziati e sommozzatori. Da quella mattina ebbe inizio l'avventura di Precontinent II. L'anno prima, nel 1962, nelle acque del Golfo di Marsiglia venne ancorato su un fondale di 10 metri un cilindro di acciaio lungo 2,5 metri chiamato Precontinent I nel quale vissero per una settimana, senza mai risalire in superficie, due ricercatori. Lo scopo della prima avventura di Precontinent era dimostrare la possibilità non solo di vivere sott'acqua, ma anche di lavorare e compiere immersioni grazie a un'uscita dal cilindro che permetteva ai ricercatori di esplorare i fondali nei pressi della loro abitazione subacquea. Visto il successo ottenuto con Precontinent I, Cousteau decise di iniziare la seconda fase del progetto, impegnativa e rischiosa, e di trascorrere un mese in un "villaggio" subacqueo. La scelta del luogo era fondamentale per la riuscita del progetto e per questa ricerca fu incaricato Albert Falco (1927-2012), all'epoca capo della squadra di sommozzatori. Falco viaggiò per mesi alla ricerca del sito adatto allo scopo e non fu impresa facile accontentare le richieste del comandante Cousteau. Il sito doveva essere lontano dalle rotte commerciali, ma vicino a un porto per avere la garanzia dei rifornimenti, dell'assemblaggio dei materiali e dell'assistenza per cibo, acqua e carburante. Doveva avere un riparo sicuro per la nave appoggio, ancorata nei pressi della base subacquea, e per la nave di collegamento che garantiva i rifornimenti ai gruppi di ricerca. Il sito doveva trovarsi in una zona tranquilla e protetta, ricca di coralli e di vita marina, non essere soggetto a correnti e avere pianori sommersi non troppo profondi per ancorare i laboratori al fondale e permettere ai ricercatori di raggiungere, senza problemi, le due basi subacquee previste per l'esperimento. Alla fine, il luogo scelto da Falco si rivelò perfetto : l'atollo di Sha'ab Rumi, solo 25 miglia da Port Sudan, un reef con una laguna ben riparata, luogo ideale per ancorare la nave appoggio al "villaggio" subacqueo. Fuori dalla laguna, sul reef esterno occidentale riparato dai venti e dal mare, si trovava un pianoro sabbioso a -13 metri e, poco sotto, un secondo pianoro a -30 metri. Tutto attorno il mare profondo centinaia di metri. Esaminato il luogo, Cousteau fece trasportare a Sha'ab Rumi, dalla nave Rosaldo, le strutture di acciaio assemblate a Port Sudan, mentre la Calypso faceva la spola tra i cantieri e il banco corallino, trasportando tecnici, materiali e rifornimenti. L'immersione dei contenitori pressurizzati, costruiti per ospitare i ricercatori e il loro ancoraggio al fondale, non fu cosa semplice. Si dovette prima spianare il pianoro a -13 metri con un rudimentale aratro trascinato dalla Calypso e poi affondare, grazie a migliaia di tonnellate di piombo fissate alle pareti, i contenitori pressurizzati che fungevano da alloggi e da laboratori (.) Anche posizionare la nave Rosaldo all'interno della laguna di Sha'ab Rumi non fu cosa semplice. Si dovette per prima cosa creare una passe di accesso adeguata alle dimensioni della nave, ancorarla con la poppa rivolta alla barriera che sovrastava il pianoro, sede dei laboratori, e costruire un pontile sul reef sopra il villaggio subacqueo per assistere giorno e notte i ricercatori in immersione fornendo loro energia elettrica, aria, acqua potabile e cibo.
Dopo un mese di lavoro tutto era pronto. Il complesso, costituito da 4 camere di acciaio collegate al corpo principale a cupola che fungevano da alloggi, bagni, cucina e laboratori di biologia alimentati ad aria compressa e in grado di ospitare fino a 8 persone, fu chiamato dai ricercatori per la sua forma la "Stella Marina". Un secondo cilindro, alimentato con una miscela di elio, azoto e ossigeno a circuito chiuso con filtri di calce sodata che convertivano l'anidride carbonica in ossigeno, destinato a ospitare due persone per una settimana e avente funzione di alloggio e laboratorio, fu posizionato sul pianoro sottostante a -25 metri. Il piccolo hangar che aveva funzione di magazzino e di garage per il siluro motorizzato che serviva ai ricercatori per spostarsi da un laboratorio all'altro, era posizionato vicino alla Stella Marina, mentre gli acquari, poligoni con struttura di acciaio chiusi da vetri colorati che servivano per studiare nel loro habitat le specie marine che si trovavano lungo la barriera, furono posizionati poco lontano dall'hangar al riparto di alcune rocce della barriera su un terzo pianoro sabbioso, alla stessa profondità della Stella Marina. Vista l'ignoranza di allora sul comportamento degli squali, Cousteau fece posizionare anche due grandi gabbie, la prima tra i due "villaggi" sommersi e la seconda a punta sud, entrambe fissate alla parete del reef e utilizzate sia per studiare il comportamento dei grandi pesci, come squali, carangidi, tonni e barracuda, sia a protezione dei ricercatori nel caso si fossero trovati in difficoltà con gli squali. Il 15 giugno 1963 ebbe inizio l'avventura del progetto Precontinent II. Il primo a entrare nel villaggio subacqueo fu Frederic Dumas a cui fu affidato il compito di testare i sistemi vitali e trascorrere la prima notte a -13 metri. Il giorno seguente lo raggiunsero altri 5 ricercatori : Raymond Vaissière (responsabile del reparto di biologia marina del museo oceanografico di Monaco), Claude Wesley (responsabile delle immersioni dell'équipe Cousteau, avendo partecipato a Precontinent I), André Falco, Pierre Vannoni e Pierre Guilbert, il cuoco del "villaggio", tenuti costantemente sotto osservazione e monitorati da medici a bordo della nave appoggio. Canoè et Portelatine, invece, entrarono nel laboratorio a -25 metri. Una quarantina di persone, compreso il comandante Cousteau, (.) furono impegnati per oltre un mese in questa storica avventura. Con temperature costanti di 27°C e un tasso di umidità dell'85%, i ricercatori vissero nella Stella Marina per tutta la durata dell'esperimento. La parte centrale della stella, la cupola, era la parte più viva della struttura perché comprendeva un salone pentagonale dove si trovava la console elettrica e gli strumenti di sopravvivenza del "villaggio", oltre a essere il luogo di incontro tra ricercatori e "visitatori". Due bracci della Stella erano adibiti a camere da letto. In un terzo braccio si trovavano i bagni e le docce, mentre l'accesso all'esterno avveniva tramite passaggi bagnati che conducevano direttamente in acqua. Nel quarto braccio si trovavano la cucina, un laboratorio e la camera oscura per lo sviluppo delle fotografie. Nella cupola di collegamento furono installate le apparecchiature scientifiche, i monitor, un citofono di collegamento con la superficie, manometri per il controllo dei gas, bombole e le attrezzature subacquee per uscire e rientrare nel laboratorio. Il 23 luglio 1963, trentotto giorni dopo l'inizio dell'avventura, Cousteau dichiarò la missione conclusa e diede il via alla terza e ultima fase dell'esperimento di vita subacquea : Precontinent III. Nell'agosto del 1964, solo un anno dopo il Sudan, una sfera di acciaio abitabile, contenente 5 uomini, fu ancorata sui fondali marini del Mediterraneo, nei pressi di Villefranche-sur-Mer in Costa Azzurra, dando il via all'ultima fase delle ricerche di Cousteau. Con Precontinent III i 5 uomini vissero per due settimane a -85 metri, uscendo giornalmente dalla sfera e compiendo numerose immersioni a -100 metri. Fu anche grazie a questi straordinari esperimenti, da ricordare che nel 1960 non si sapeva quasi nulla sulla vita dell'uomo sott'acqua, che ebbe inizio la subacquea moderna, così come la conosciamo.
(*Sudan guida alle immersioni - Carlo Piccinelli - 2014 Ed. Magenes - pag. 131-133)
Concetto di sicurezza anti pirateria in vista dell’attraversamento del Golfo di Aden
Quando era a bordo, prima di sbarcare a Malé per tornare in Thailandia ad assistere al gran premio di motociclismo e abbandonarci al nostro destino, Fabio era prodigo di consigli in vista del nostro imminente passaggio attraverso il Golfo di Aden.
Il primo, in caso di abbordaggio pirata, consisteva nel chiudersi nella toilette di bordo e urlare “occupato” qualora i pirati avessero bussato.
Il secondo - più che altro indicato per l’equipaggio femminile - era quello di mettersi a prua, immobili, fingendosi una Polena (polena : figura statuaria sacra o profana scolpita per ornamento sulla prua di un’imbarcazione).
Il terzo stratagemma consisteva nel presentarsi ai pirati con mascherina medico-chirurgica e flebo in vena appesa al mezzo marinaio dopo aver tappezzato la barca di adesivi con la scritta “ebola”.
Ebbene, nessuna di queste strategie piuttosto stravaganti é stata tenuta in considerazione nella stesura del nostro “concetto di sicurezza anti pirateria in vista dell’attraversamento del Golfo di Aden marzo/aprile 2015” che teniamo volentieri a disposizione di quanti - seguendo la nostra stessa rotta - intendessero avvalersi degli insegnamenti che abbiamo ricavato da questa esperienza.
Per ottenere copia del “concetto” basta inviarci una mail di richiesta all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
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