Il diario di viaggio

15 gennaio 2016

Reduci da una trasmissione radiofonica alla RSI (Millevoci del 14 gennaio), complice la mancanza di tempo, non abbiamo potuto rispondere a diverse domande poste dagli ascoltatori. In particolare, fra queste, quella a sapere quanto costa vivere in barca, è rimasta inevasa.

Prima di partire, anche noi ci eravamo a lungo interrogati in proposito. La nostra educazione e cultura non ammettono deroghe al principio dell’autonomia. Un lungo viaggio in paesi lontani e sconosciuti implica giocoforza una sufficiente disponibilità di risorse.

Le risposte di quanti ci avevano preceduti in giro per il mondo variavano dai 1’000 euro ai 4’000 mensili. Insomma, al quesito non si può che rispondere: dipende. Da che dipende? Da fattori oggettivi e soggettivi. Fra quelli oggettivi figura indubbiamente il tipo di barca, la cui gestione (carburante, antivegetativa, riparazioni, pezzi di ricambio, assicurazioni, ecc.) può assorbire una buona metà del budget annuo. Poi ci sono le spese legate ai visti, alle formalità d’entrata e ai permessi di navigazione nei singoli paesi (ormai sono rimasti pochi quelli dove non si paga per navigare). Fra i fattori soggettivi figura sicuramente il tenore di vita. C’è chi va più spesso al ristorante o chi mangia rigorosamente in barca, c’è chi fa provviste nelle “gioiellerie” gastronomiche che importano il tartufo bianco di Alba e il Sassicaia o chi al mercato rionale si procura l’indirizzo dei contadini per acquistare frutta e verdura direttamente dal produttore, mangia quando pesca  e beve soltanto acqua. C’è chi non tralascia di visitare a fondo il Paese in cui si trova, magari noleggiando un’auto o ingaggiando una guida per conoscere il più possibile, e c’è chi una volta gettata l’ancora in baia non scende dalla barca, disinteressandosi completamente degli usi e costumi degli indigeni o dell’architettura e della storia. C’è pure chi una volta mollati gli ormeggi non fa più rientro a casa finché non conclude il viaggio e chi almeno una volta l’anno prende l’aereo per riabbracciare parenti e amici. Come sempre, una buona media rappresenta un attendibile punto di riferimento.

Di sicuro, per molti, vivere per mare costa meno che vivere sulla terraferma alle nostre latitudini.

Nel nostro caso, due persone e una barca di 16 metri, l’importo medio sul quale occorre poter contare per un anno ammonta a circa CHF 40-45’000.-.

Certo, volendo, si può vivere anche con molto meno. Una barca più piccola, costa sicuramente meno, si possono evitare i rientri a casa, visitare i vari paesi senza far capo a guide e/o noleggi di automobili, mangiare il pescato e raccogliere frutta e verdura quando se ne presenta l’occasione. Tutto questo contribuisce a ridurre notevolmente il budget necessario ma forse a discapito della qualità del viaggio lasciando amaramente insoddisfatta la curiosità di scoprire, inibito l’interesse per le cose che purtroppo non si lasciano svelare a titolo gratuito. In poche parole, tutto dipende dalla barca, dall’area nella quale si naviga e dallo stile di vita che si conduce. D’altra parte é come sulla terraferma, qui in Ticino c’é chi vive con 3-4’000 franchi al mese e c’é chi sostiene che sotto i 10’000 non può farcela.

 

Romano

18 gennaio

Stati d’animo che leggiamo negli occhi e ascoltiamo dalle parole della mamma di Luana. Dal momento che siamo relativamente vicini, ci avrebbe fatto piacere, per Pasqua, ospitarla in Sicilia per un breve soggiorno a bordo, per farle assaporare uno spicchio di vita del giramondo.
Non se ne parla. La paura di attentati paralizza molti, soprattutto gli anziani, e fa venir meno quel pizzico di coraggio che occorre per esporsi alle incognite del viaggio.
Eppure, il rischio di rimanere vittima di un atto terroristico, é obiettivamente e statisticamente assai remoto. Abbiamo l’impressione che la paura sia direttamente proporzionale al tempo trascorso davanti alla TV. Il bombardamento di scene raccapriccianti, reiterato senza tregua, innumerevoli volte attraverso i vari telegiornali e magazine di approfondimento, stravolge qualunque prospettiva razionale devastando in profondità la percezione soggettiva di sicurezza. Con la complicità dei media, la volontà dei terroristi é compiuta : il panico é seminato, la visione oggettiva delle cose distorta, dilatata, sproporzionata. L’ etologia ci insegna che qualunque animale impaurito non é in grado di prendere decisioni e compiere azioni logiche e razionali. L’essere umano non fa eccezione, anzi. L’antidoto ? potrebbe sembrare cinico ed egoista suggerire di non guardare troppo la TV e disinteressarsi maggiormente di questi episodi assumendo un maggior distacco, ma in realtà cosa c’é di più cinico ed egoista del mitragliarci tutti con le immagini di attentati, crudeltà e pessimi esempi di pacifica e costruttiva convivenza civile ? Dobbiamo ammettere che conduciamo una bella vita, non tanto perché viviamo in barca, ma piuttosto perché non abbiamo la TV.

 

Romano

20 gennaio


Strabuzzano gli occhi, gli amici, ai quali riveliamo di non avere alcuna previdenza in caso di malattia. Niente di più folle e irrazionale per la mente inquadrata e disciplinata di un cittadino svizzero. Quando siamo partiti abbiamo disdetto la cassa malati per più ragioni. Anzitutto perché i premi avrebbero rappresentato una voce di spesa spropositata nel nostro budget annuo. In secondo luogo perché quando si viaggia all’estero la copertura diventa spesso problematica e aleatoria, soggetta a clausole restrittive che vanno interpretate e agli umori del funzionario eventualmente chiamato ad applicarle. Alcuni amici giramondo ci avevano peraltro incoraggiati sostenendo che con questo stile di vita difficilmente ci si ammala gravemente e, in ogni caso, la stragrande maggioranza dei problemi di salute (in primis le infezioni che rappresentano uno dei rischi più frequenti) può essere risolta sul posto a costi molto più contenuti che in Svizzera. Col senno di poi possiamo affermare che é stata una buona decisione. Prima di partire i nostri premi ammontavano complessivamente a CHF 1’100.- mensili. Luana era assicurata in camera privata, io in semi privata. Ora sappiamo che continuare a pagare non sarebbe servito a nulla. Intanto perché la cassa malati venendo a sapere che non eravamo più residenti in Ticino avrebbe potuto negarci la copertura in caso di ricovero e cure all’estero; in secondo luogo perché nelle remote isole che abbiamo visitato la copertura di cassa malati ci sarebbe servita a poco. Immaginate la scena. Uno sbarca febbricitante e dolorante su una spiaggia dove si affacciano alcune capanne e rivolgendosi al capo villaggio chiede informazioni circa l’ospedale, pronto a reclamare il suo diritto alla camera privata. Quando poi rivendicherà la presenza del primario gli indicheranno lo stregone del villaggio, vestito di un minimal astuccio penico in foglie e di una collana di amuleti al collo. Per buona parte del nostro viaggio attorno al mondo, la copertura (privata, semi privata o comune) si sarebbe quindi rivelata una pia illusione. Abbiamo avuto fortuna ? Può darsi, ma siamo convinti che molti problemi di salute avrebbero comunque potuto essere efficacemente risolti sul posto, gratuitamente o a costi irrisori.
Abbiamo conosciuto parecchi popoli che si curano benissimo con erbe e piante locali. Stregoni, uomini della medicina o anche semplici donne e uomini anziani, tramandano un enorme patrimonio di conoscenze che fa della natura la miglior farmacia di quartiere.

 

Romano