Il diario di viaggio

22 dicembre

Due bambine appena uscite da scuola con i loro giubbotti catarifrangenti color limone ci fanno timidamente il tifo : “su su, dai dai”, mentre, per mandar giù qualche kilocaloria, col fiatone, stiamo correndo lungo la pista di atletica di Tesserete. Sono le 1130 e un profumino di arrosto si diffonde nell’aria. Pensate, qui in Svizzera, dove lo Stato  sembra volersi impicciare di tutto e dove ogni anno troviamo qualche nuova normativa che impone nuovi divieti e obblighi la cui trasgressione viene severamente sanzionata, si sono dimenticati di proibire di cucinare nel raggio di un chilometro dai centri sportivi. Incredibile. È come se qualcuno venisse lasciato libero di torturare sadicamente un suo simile, penso tra me e me scherzosamente mentre per non perdere la concentrazione accelero il passo. È proprio il caso di contattare qualche politico per promuovere un atto parlamentare.

 

Romano

12 dicembre

 

Un intenso profumo di fieno, di freddo e di camino, ci accoglie al nostro arrivo a casa e come lucine sull’albero riaccende d’incanto tante memorie.
Nel cuore della notte, scortati dagli amici Bruno e Sarah che ci hanno prelevati al terminal 1 dell’aeroporto di Malpensa, ritroviamo a distanza di poco più di un anno il familiare paesino di Bigorio, cresciuto, grazie agli interessi ipotecari molto bassi, di altre 24 nuove case.
Eccoci di nuovo paracadutati nel frenetico Ticino, fra gente affetta da shopping compulsivo, prezzi alle stelle, spauracchi lanciati da varie assicurazioni, casse malati e industrie farmaceutiche che ti pronosticano con ostentata certezza dall’influenza alla paraplegia. Bombardamento di pubblicità su idee regalo e strenne che sono tutto un inno alla banalità e a quanto di più artificiale, superfluo ed effimero si possa immaginare. Melliflui spot caritatevoli strappalacrime e spremi soldi che saranno costati milioni e - ovviamente - lo stillicidio di immagini del terrorismo e delle isteriche limitazioni alla libertà personale che fanno da contraltare a questi orrori. Poveri esseri umani, ostaggi di tanta paura e ipocondria, tutti accomunati nel vortice della diffusa e contagiosa spirale di negatività, terrore e pessimismo.
Quanto sono lontane le selvagge isole Marchesi, le Cook, le Fiji, le Vanuatu, le Solomon e la Papua, dove la semplicità, l’arte dell’essenziale, l’assenza di denaro e lo stretto legame con la natura, costituiscono solide basi per una vita spensierata, serena e felice.
In questo quadretto ticinese deambuliamo anche noi, increduli e allibiti, come due pesci fuor d’acqua, con una vocina che insistentemente ci esorta a riprendere il mare o comunque a vivere a stretto contatto con esso.
Gli amici che incontriamo per strada o al supermercato ci confermano di avere la percezione di vivere per lavorare alacremente, per alimentare il sistema, per pagare tasse, assicurazioni e bollette telefoniche, senza poter assaporare il tempo che passa investendolo in quanto più li appassiona.
Guardandoci attorno vediamo molte facce tese, tristi, alcune anche rassegnate. Individui in attesa del venerdì per avere un sabato e domenica liberi che scorrono come un lampo. Un’esistenza fatta di attese per un mese di ferie o per un aumento da spendere in una nuova automobile o in un nuovo gadget tecnologico.
Il mare ti insegna ad accontentarti di meno, a limitarti all’essenziale, a preferire la semplicità e il contatto con la natura, insomma: essere, non apparire. Il mare ti invita a lasciarti sedurre da un’esistenza forse meno agiata ma più vera, genuina e appagante. Il mare ti fa riconoscere l’amicizia dalle piccole cose e dalla spontaneità dei gesti.

Romano

5 dicembre

Durante la circumnavigazione ci siamo più volte posti il quesito : optiamo per una più confortante navigazione di gruppo, magari aderendo a uno dei tanti rally che vengono organizzati, oppure preferiamo una forse meno sicura ma più libera e imprevedibile navigazione autonoma ? La seconda formula ha sempre avuto la meglio. Uno degli scopi del viaggio era per noi quello di metterci alla prova attraverso le esperienze che il destino ci avrebbe presentato. Come sarebbe stato possibile raggiungere tale obiettivo in una sorta di “ambiente protetto” come quello di una navigazione in flottiglia  accompagnata e assistita da un imponente apparato organizzativo ? I vantaggi del viaggio di gruppo sono considerevoli. In termini di sicurezza, il gruppo può offrire una migliore protezione della criminalità. Il gruppo protegge inoltre dai fastidi e dalle lungaggini di una burocrazia oppressiva e farraginosa (si pensi ai paesi in cui i controlli di polizia e doganali sono di fatto delle piccole estorsioni). A volte le differenze linguistiche, come ci é capitato alle Salomon o in Papua Nuova Guinea, si rivelano problematiche appena si esce dalle rotte più battute. Nemmeno i gesti più basilari e comuni vengono compresi dai tuoi interlocutori che magari non hanno mai visto una barca a vela.
Il viaggio autonomo ha però maggiori potenzialità a livello di esperienza e procura tante soddisfazioni a chi ha il gusto dell’avventura, a chi non ha paura degli imprevisti, a chi si abbandona completamente al proprio destino. Basta avere una disposizione d’animo positiva, pronta ad accettare gli inevitabili inconvenienti come parte integrante dell’esperienza “viaggio”  soprattutto molto tempo a disposizione. È capitato a volte che le pratiche di ingresso in un paese durassero più giorni. Non avendo alcuna premura noi lo trovavamo divertente e interessante perché ci permetteva di studiare il paese e le sue autorità, come pure, collateralmente, di imbatterci in incontri piacevoli con gli stessi funzionari o con altri utenti in attesa di un servizio pubblico. Lungi da noi l’idea di innescare una contrapposizione fra navigazione autonoma e navigazione in flottiglia. Abbiamo amici, ottimi navigatori, che per talune tratte del loro giro del mondo hanno preferito  aderire ad un rally per approfittare dell’assistenza nel disbrigo di visti e permessi di navigazione, ma anche perché apprezzano l’ambiente di gruppo con le sue colossali grigliate sulla spiaggia, le escursioni organizzate ad ogni tappa, i bollettini meteo, gli ancoraggi e i marina procurati dall’organizzazione.
In definitiva, il bello del viaggio é che ti dà la facoltà di scegliere fra le possibilità che ti vengon offerte, quella di volta in volta più adatta allo spirito del momento e alle tue necessità in rapporto a quanto ti aspetti di dover affrontare.
Ricordo che in occasione dell’ARC 2011, che ha preceduto di qualche settimana la nostra partenza dalle Canarie per la traversata atlantica, un litigiosissimo equipaggio interamente femminile ha dovuto essere parzialmente trasferito in corso di navigazione su un’altra imbarcazione della flotta per riportare la pace a bordo.
Anche in simili casi la navigazione di gruppo può rivelarsi provvidenziale.

 

Romano